domenica 22 gennaio 2012

Il futuro delle città e le mappe digitali

Dal 2008 stiamo assistendo ad una novità nella gestione delle crisi internazionali. Il fenomeno del “crisis mapping”, ossia delle mappe digitali aperte e accessibili a tutti,  ha cambiato le modalità degli interventi umanitari. Con le informazioni raccolte attraverso social network, sms, satelliti vengono prodotte in tempo reale o quasi da network come Crisis Mappers le mappe delle zone colpite da disastri naturali, conflitti sociali o crisi umanitarie, che serviranno per portare i primi soccorsi e gestire l’emergenza.

Questi network sono composti da volontari (programmatori, geografi, esperti di sistemi GIS o di web, traduttori), i quali però devono poter contare sul lavoro di molte persone non esperte che forniscono le informazioni, anche semplici video e foto, che poi vengono localizzate su mappe sofisticate come quelle satellitari  o più semplici come quelle di Google o OpenStreetMap.
Queste metodologie sono state sperimentate per la prima volta in Kenya nel 2008 durante le elezioni per controllare le eventuali violenze ai seggi, poi ad Haiti dopo il terremoto del 2010, dove la mappa i Crisi Mappers divenne la fonte più utilizzata dalle organizzazione tradizionali del soccorso umanitario (Onu e Croce Rossa fra gli altri) durante il primo mese, fino alla Libia del 2011, quando l’Onu ha direttamente chiesto a CrisisMappers una mappa in tempo reale sulle condizioni dei civili.
Salta subito agli occhi che oltre all’impiego dei sistemi informatici georeferenziati, è indispensabile la funzione di micro-tasking del singolo, che sommata a grande scala permette acquisizione di una grande mole di informazioni altrimenti irrealizzabile in tempi brevi.

Se usciamo dal quadro dell’emergenza, e pensiamo alle nostre città e allo loro quotidiana gestione o funzionamento, risulta evidente l’importanza del fenomeno.
Se provassimo a considerare il cittadino come un sensore di informazioni che possono essere inviate in tempo reale ad un collettore pubblico, attraverso gli smartphone o semplici cellulari, potremmo costruire uno strumento di gestione della città: del traffico stradale, del trasporto collettivo, delle reti di servizi, delle aree di degrado. Non solo in caso di emergenza (una bufera di neve, una alluvione), ma nella pratica quotidiana le mappe dinamiche potranno servire ad una conoscenza partecipata del territorio.
Dopo la gestione quotidiana, crediamo possa venire il tempo della programmazione e della prefigurazione della città: gli strumenti informatici partecipativi saranno la base principale dei piani urbanistici del futuro.

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sabato 21 gennaio 2012

La frase del giorno

"Un pianeta con sette miliardi di individui è un disastro.
Un pianeta di sette miliardi di persone consapevoli delle proprie interconnessioni invece può andare."





Douglas Coupland, scrittore